capire se stessi e gli altri

Che cos’è l’intelligenza (secondo me) e cosa penso dei test per valutare il Q. I.

La parola intelligenza viene dal latino intus-legere cioè leggere dentro. Essere intelligenti dovrebbe quindi significare avere la capacità di andare oltre l’apparenza riuscendo a leggere dentro una data situazione.

Il punto è che ognuno di noi è predisposto a leggere dentro qualcosa (ad es. chi possiede una forte capacità empatica sa leggere bene dentro le persone, percependo immediatamente cosa stanno provando) e meno predisposto a leggere dentro qualche altra cosa.

Queste diverse ed innate capacità individuali (che io in realtà chiamerei semplicemente talenti) hanno dato spunto a Gardner per elaborare la sua teoria delle intelligenze multiple;

lui distingue tra:

  • intelligenza relazionale
  • intelligenza matematica
  • intelligenza naturalistica
  • intelligenza visiva
  • intelligenza corporea
  • intelligenza musicale
  • intelligenza linguistica
  • intelligenza intrapersonale
  • intelligenza esistenziale
Foto by Pixabay

Nell’ambito della mia esperienza con i bambini io utilizzavo principalmente quell’area di spicco (o quelle aree, perché in genere possono spiccarne anche più di una) per favorire l’apprendimento: mi sembra logico che se un bambino mostra una certa predisposizione per la musica possa risultare molto efficace insegnargli – ad es. –  inglese utilizzando prevalentemente delle canzoni; se un altro impara “facendo” e ha voglia di muoversi (Gardner parlerebbe di intelligenza corporea) potrebbe dare buoni risultati una serie di attività didattiche all’aperto… e così via. Non tutti, infatti, impariamo allo stesso modo, e un bravo insegnante dovrebbe capire chi ha di fronte e qual è il modo migliore per trasmettergli le conoscenze.

L’intelligenza per me (ma anche per altri studiosi) è qualcosa di mutevole e di dinamico che, a partire dai talenti, si amplifica grazie alle esperienze, agli stimoli, alla risoluzione dei problemi. Una persona può anche nascere con una grande empatia (che per Gardner è associata all’intelligenza interpersonale, ossia relazionale) ma se poi nella vita non fa esperienze, non solo non sfrutterà e non affinerà questo suo talento ma non coltiverà nemmeno le altre aree (questa stessa persona potrebbe scoprire di essere molto capace anche in matematica ma se non le si danno i giusti stimoli non lo saprà mai).

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Sulla base di questo, io penso che bisogna distinguere tra:

1) un’intelligenza del bambino, basata sui suoi talenti e predisposizioni (idea che riflette il concetto di intelligenze multiple di Gardner)

2) e un’intelligenza dell’adulto, che a mio avviso dovrebbe – o comunque potrebbe – estendersi anche ad altre aree; soprattutto credo che l’intelligenza dell’adulto debba comprendere anche un certo senso critico.

Quindi essere davvero intelligenti, da adulti, secondo me significa:

– porsi domande, cioè avere la capacità di dubitare delle cosiddette verità assolute (spirito critico, il che implica anche osservare le cose e gli eventi in maniera obiettiva);

– valutare varie possibilità, e quindi cambiare idea se ci sono nuovi elementi;

– scegliere le giuste strategie per risolvere problemi (ragionando in base all’obiettivo);

-rendersi conto degli effetti che possono (e potrebbero) avere le proprie azioni, sia su di sé che sugli altri;

– capire chi si ha di fronte ed agire di conseguenza;

– saper chiedere aiuto quando se ne ha bisogno;

– comprendere anziché giudicare 1;

– adattarsi all’ambiente, alle persone e alle varie circostanze della vita (rendendosi conto anche di quando tale adattamento non è possibile);

– saper usare in maniera etica le proprie capacità.

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Ma non ho finito, perché per la sua stessa natura (leggere dentro) l’intelligenza presuppone anche una certa dose di empatia, intuizione e sensibilità, dove per sensibilità non intendo l’emotività, bensì la capacità di guardare oltre, cioè di percepire la realtà oltre quello che viene comunemente visto e sentito.

Per questi motivi diffido dei test di intelligenza (sulla cui dubbia attendibilità sono stati scritti fiumi di parole) poiché la maggior parte di essi vertono su abilità percettive e logico- matematiche: il risultato che esce indica semplicemente che il soggetto, in quel preciso momento, ha risposto bene (o male) a quei quesiti. Tutto qui.

Se una persona prende un punteggio molto alto ad un test psicometrico possono succedere due cose:

Foto da Pixabay

a) se si tratta di un adulto, potrebbe iniziare a sentirsi superiore agli altri con il rischio di trascurare alcuni aspetti della sua personalità su cui sarebbe opportuno lavorare (una mia conoscente si vantava spesso del suo punteggio. Indubbiamente era molto abile in matematica e molto colta, ma la sua chiusura mentale e la sua presunzione la rendevano agli occhi degli altri una donna “brava a scuola ma stupida nella vita”, nonostante l’altissimo q.i.);

b) nel caso dei bambini c’è il pericolo che i genitori, entusiasti per il risultato del test, stressino il figlio precocizzando delle tappe perché “tanto è intelligente” col rischio che il fanciullo, oltre a stancarsi, vedrà cadere la sua autostima al primo insuccesso perché gli è stata costruita un’immagine distorta di sé (voglio qui ricordare che è dannoso precocizzare degli insegnamenti al bambino: se impara spontaneamente ok, ma insegnargli, ad es. a leggere e scrivere prima degli altri può causargli dei problemi negli anni successivi).

Foto by Piabay

Nel caso di punteggio basso ad un test, invece,  la persona potrebbe convincersi di valere poco, con altrettanti danni sulla sua autostima (chi pensa di essere scarsamente intelligente ha molte probabilità di interrompere gli studi e di non realizzarsi nella vita).

Io penso che i test standardizzati possano essere  indicativi sul grado di conoscenza e di predisposizione che in quel momento si ha circa quegli argomenti (in genere di carattere logico) ma dire che quel risultato rispecchi in maniera definitiva l’intelligenza di un individuo, “marchiandolo”, mi sembra riduttivo, pericoloso e fuorviante: ognuno di noi ha dei punti di forza e credo che sia fortemente necessario prendere in considerazione tutta la complessità della persona, nonché la possibilità di cambiare nell’arco del tempo.

Autrice: dott.ssa Dhyana Cardarelli – Verde speranza blog (www.verdesperanza.net)

[Ultimo aggiornamento all’articolo: 6 marzo 2022]

  1. che non significa giustificare tutto o non prendere una posizione, significa capire la motivazione dietro a certe cose e capire che una persona vale più di un suo determinato comportamento.
Se ti è piaciuto quello che ho scritto condividilo!

DHYANA VERDE SPERANZA

Ciao, sono Dhyana e da piccola sognavo di cambiare il mondo ma tutti mi dicevano che non era possibile. Col passare del tempo ho capito che è vero, non è possibile, ma si può partire da se stessi, migliorarsi, crescere ed essere così di esempio - e di aiuto -anche agli altri.
In questo blog condivido con te quello che ho imparato, quello che ho vissuto e come io vedo il mondo!
Scrivimi a info@verdesperanza.net

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