Oggi ho incontrato un mio conoscente che non vedevo da un po’ di tempo; parlando del più e del meno gli ho detto che ho cambiato città e lui mi ha risposto: “Tu almeno hai la volontà, te ne sei andata“. Non abbiamo avuto modo di continuare la conversazione ma mentre camminavo verso la mia macchina pensavo a quante volte elogiamo le persone che fanno ciò che vorremmo fare noi e critichiamo quelle che non lo fanno.
Ad esempio, spesso si dice ai giovani e ai meno giovani: “Ma che stai a fare in Italia? Vattene! Ma perché non te ne vai?” Lo stesso mio amico, oggi, di sicuro si sarà sentito un po’ frustrato perché magari anche lui vorrebbe cambiare vita. Ed io lo capisco, lo capisco bene perché anch’io in passato mi sono sentita così.
Proprio perché ci sono passata ho compreso, nel tempo, che non basta desiderare qualcosa per poterlo fare, anzi, più si dice a qualcuno: “Ma perché non lo fai? Ma perché non te ne vai?” e peggio è. Bisogna essere liberi, è vero, ma la libertà è un percorso, è una conquista da fare per gradi e soprattutto, anche se non ci si pensa mai, a volte le “gabbie” (o quelle che noi percepiamo come tali) servono, perché permettono alla persona di vivere (o comunque di sopravvivere) fintantoché non accumula le energie necessarie per operare un cambiamento.
Quello che la maggior parte delle persone non capisce, infatti, è che quando si fa o non si fa qualcosa, non è necessariamente per mancanza di informazioni o consapevolezza, bensì per mancanza di energia sufficiente ad agire in maniera diversa. E l’energia non la dai dicendo “dovresti fare così”!
Di conseguenza, se noi ci sforziamo di aprire quella gabbia a quella persona, se noi insistiamo nel consigliarle qualcosa che per noi è giusto ma non è adatto a lei (per carenza energetica o anche solo perché non è quello che realmente vuole) faremo solo un gran casino, perché innazitutto la faremo sentire “stupida” ma poi rischiamo di toglierle le sue difese, difese che per lei sono – in quel momento – vitali. Per fare certi passi bisogna essere pronti e sicuri, altrimenti verranno fuori problemi più gravi.
Ora non fraintendermi: non ti sto dicendo che tutti i tipi di consigli siano sbagliati a prescindere, ma dipende:
- da cosa li muove: spesso a dare consigli non è un IO “adulto” che si rapporta all’altro trattandolo – altrettanto – da adulto ma un IO “genitore” che sta trattando l’altro come un bambino che non sa cosa deve fare, e questo approccio è sicuramente sbagliato
- un conto sono i consigli informativi, forniti perchè all’altro mancano oggettivamente delle informazioni e degli strumenti, un conto è pretendere di insegnare la vita a qualcuno, approfittando di un suo momento di debolezza per sentirsi forti e sicuri di avere la verità in tasca. E questo è il caso più diffuso: spesso l’altro sa benissimo cosa deve fare ma quello che gli manca è l’energia! (e questo è il motivo per cui ho scelto di dedicarmi al mondo olistico, che lavora proprio sull’energia e la consapevolezza)
Tu prova ad immaginare che effetto psicologico avrebbe un trasferimento su una persona che non era realmente pronta a farlo (e che lo ha fatto solo perché l’hanno convinta che era la soluzione migliore)!
A me è successo di essermi rivolta ad uno specialista per un problema di salute e sentirmi consigliare – al fine di riprendermi un po’ – di andare a vivere per qualche mese in una certa località dall’altra parte del mondo. E tutta l’ora è stata spesa a spiegarmi cosa avrei potuto fare in quella località. Ma siamo sicuri che fare quell’esperienza mi avrebbe fatto bene?
Ed è un peccato vedere quanti professionisti, oltre alle persone comuni, cadano in questo errore così grossolano, perchè tale è; sarebbe opportuno rendersi conto di quanta ansia provocano certi consigli in chi sta vivendo un momento delicato.
Un’altra volta invece mi è capitato di leggere su Facebook il post di una signora che accudisce un gatto randagio; purtroppo la sera di san Silvestro non è riuscita a farlo rientrare ed era preoccupata perché non lo vedeva tornare (ma poi è tornato). Ora: non credo che ci voglia una laurea in Psicologia per capire che la signora aveva solo bisogno di un po’ di conforto, e invece tutti le hanno consigliato di rientrare il gatto la prossima volta oltre ad averla pesantemente rimproverata per non averlo fatto.
Non so come la vedi tu, ma questa cosa di voler sempre consigliare, di voler sempre dire all’altro come sarebbe meglio che gestisse la sua vita, io la trovo davvero antipatica e irrispettosa perchè il modo migliore per supportare qualcuno non è quello di dirgli cosa fare o non fare (chi sei tu per saperlo?) ma aiutarlo a capire cosa vuole davvero, e poi rinforzare la sua energia affinché riesca a farlo; senza considerare poi che il più delle volte i nostri consigli riflettono – in realtà – ciò che avremmo voluto fare noi o ciò che ha fatto bene a noi in passato (il medico che mi consigliò quella località oltreoceano me la consigliò perchè ci era stato lui) e le gabbie che vogliamo aprire agli altri rappresentano quasi sempre quelle che noi stessi abbiamo.
Ecco, io credo quindi che dovremmo essere molto cauti nel dare consigli, soprattutto se si tratta di consigli stravolgenti (tipo trasferimenti, cambiamenti radicali ecc.), a maggior ragione se abbiamo a che fare con persone confuse, arrabbiate, depresse o con poca autostima, quindi facilmente influenzabili: in fondo cosa ne sappiamo noi di cosa c’è nel cuore di quella persona? Cosa ne sappiamo noi di ciò che è meglio per lei?
Molti non se ne rendono conto ma influenzare gli altri cercando di convincerli – quando sono disorientati – è davvero molto pericoloso, per questo nel counseling – quello vero, quello rogersiano, e non quello “da bar”- non si danno nè consigli nè interpretazioni, perché se una persona non ce la fa, non ce la fa e perché in realtà, spesso le persone non vogliono consigli: il più delle volte hanno solo la necessità di essere ascoltate, sostenute, di ritrovare un po’ di entusiasmo e di capire che possono farcela da sole.
E infatti, quando l’individuo ha le energie necessarie, ce la fa da solo.
Autrice: dott.ssa Dhyana Cardarelli – Verde speranza blog (www.verdesperanza.net)
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N.B. Questo articolo, sebbene riporti come giorno di pubblicazione il 15 giugno 2018, è stato scritto precedentemente (intorno a marzo del 2018) ed era già uscito sul Verde speranza blog ospitato da Wix e Altervista. – Titolo originale: Quando le gabbie (mentali) servono. Ultimo aggiornamento all’articolo: 29 gennaio 2022.
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