Ho due cani: uno pacifista e – a tratti- un po’ menefreghista, l’altro passionale ed attaccabrighe.
Succede che l’attaccabrighe prova puntualmente a sfidare il pacifista: gli va davanti, gli ringhia fino a sgolarsi, si mette persino sulla sua poltrona con aria provocatoria e gli ringhia da lì.
E l’altro sapete cosa fa? Scodinzola. Non lo considera proprio, anzi gli scodinzola fino a quando l’attaccabrighe smette. A volte lo guarda persino con aria compatita, perché per lui è più importante mantenere la serenità che perdere energie litigando.
Ecco, penso che in certe situazioni bisognerebbe fare come il mio cane: scodinzolare e continuare a scodinzolare, proteggendo il proprio benessere anche quando qualcuno vuole provare a togliercelo.
I miei cani però mi hanno insegnato anche altre cose: innanzitutto a rispettare, e a far rispettare, i confini. Il cane è territoriale e noi, spesso, dimentichiamo quanto sia importante difendere i nostri spazi; dimentichiamo di ringhiare e di arrabbiarci se qualcuno li invade, così come dimentichiamo che il nostro istinto ci dice subito se possiamo fidarci di qualcuno oppure no.
Inoltre mi hanno insegnato l’importanza di fare le feste a chi si ama e di prendere il sole, sempre, anche in inverno. Non per la tintarella ma perché l’energia solare è curativa, e gli animali lo sanno bene.
Grazie alla convivenza con i cani ho inoltre notato che urlare non serve per farsi rispettare, anzi, il vero leader è qualcuno che sa mantenere l’autorevolezza senza perdere la calma. I cani mi hanno fatto capire che i saponi possono essere troppo aggressivi e che a volte può essere più benefico “rotolarsi” nell’argilla; mi hanno mostrato che la cattiveria nasce sempre dalla sofferenza, dal fare una vita che va contro la propria natura e che più si soffre più si può diventare aggressivi.
E se è vero, come diceva A. Schopenauer, che “chi non ha mai avuto un cane non sa cosa vuol dire essere amato” è vero anche, secondo me, che chi non ha mai avuto un gatto non sa cosa vuol dire svegliarsi ed addormentarsi a suon di fusa (e trovo che questa sia una delle esperienze più belle in assoluto).
Ma soprattutto, gli animali mi hanno mostrato che ci si può divertire con poco; che l’amore e l’alleanza non hanno confini e che quando ti fidi, ti fidi e basta e metteresti tutta la tua vita nelle mani dell’altro, proprio come fanno loro con noi. E che anche una malattia o una casa spoglia, o un pasto poco ricco, rappresentano problemi di secondo piano se si respira un clima di amore, perché la presenza dell’affetto è sempre la prima cosa che si percepisce.
Gli animali mi hanno insegnato a rispettare la morte e ad onorarla, ad essere presente – ma non invadente – nel passaggio da questa vita all’altra vita e ad interrompere le terapie quando è il momento di prepararsi per l’ultimo saluto. Perché salvare e fare tutto il possibile spesso non è la cosa più giusta: la cosa più giusta è accompagnare. Accompagnare rispettando. E il rispetto per la vita, così come quello per la morte, l’ho imparato da loro ed io gliene sarò sempre – infinitamente – grata.
Autrice: dott.ssa Dhyana Cardarelli – Verde speranza blog (www.verdesperanza.net)
Ultimo aggiornamento all’articolo: 10 febbraio 2021, ore 22:20. [NB. Una parte di questo articolo era stata già pubblicata sul mio profilo facebook tra il 2017 e il 2018]
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